LEGALE – Licenziamento collettivo: differenza tra violazione di procedure e dei criteri di scelta

LEGALE – Licenziamento collettivo: differenza tra violazione di procedure e dei criteri di scelta

licenziamento collttivoCon la sentenza n. 19320 del 29 settembre 2016 la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla differenza tra la violazione delle procedure e dei criteri di scelta, allo scopo di individuare gli ambiti di tutela del lavoratore in caso di licenziamento collettivo.

La Corte ha stabilito che al lavoratore è riconosciuta solo l’indennità risarcitoria e non la reintegra, nel caso in cui il datore di lavoro all’avvio della mobilità non spieghi come ha attribuito il punteggio necessario per distinguere i dipendenti da estromettere e quelli da mantenere.

Nel caso specifico, la Corte aveva formulato l’illegittimità del licenziamento e condannato il datore di lavoro al reintegro del dipendente.

La decisione era determinata in base al criterio delle “esigenze tecnico produttive e organizzative” nella comunicazione ex art. 4, comma 9 della legge n. 223 del 1991, per cui il datore di lavoro aveva valorizzato l’anzianità nella mansione, senza però specificare la data di inizio delle precedenti esperienze lavorative, la durata, il nome del datore di lavoro e la tipologia della documentazione valutata per attribuire il punteggio finale.

Il datore di lavoro ha sostenuto l’erroneità di questa decisione, sostenendo di aver già evidenziato che il criterio delle esigenze tecnico produttive e organizzative prevedeva l’attribuzione di ” … due punti per ogni anno di attività, calcolato in giorni, svolta nell’attuale mansione, riscontrabile da documentazione”, facendo così riferimento a elementi extratestuali per la documentazione delle esperienze lavorative precedenti dei dipendenti.

Il datore di lavoro ha, quindi, affermato di aver assolto agli obblighi di legge, dal momento che aveva prodotto le graduatorie finali suddivise per profilo professionale.

In particolare, ha evidenziato la Cassazione, la comunicazione di cui all’art. 4, comma 9 della L. n 223 del 1991, che deve indicare “puntualmente” le modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, è finalizzata a consentire ai lavoratori interessati, ai sindacati e agli organi amministrativi di controllare la correttezza dell’operazione e la rispondenza agli accordi raggiunti.

La Suprema Corte ha quindi ritenuto che la comunicazione trasmessa dal datore di lavoro non fosse idonea a consentire il controllo, dal momento che la mancanza di informazioni non rendeva comprensibile il calcolo del punteggio finale.

Ha inoltre rilevato, tenendo in considerazione il disappunto del reclamante, che questo vizio riscontrato nella comunicazione non comporta, ai sensi dell’art. 5, comma 3, della legge n. 223/1991, il reintegro nel posto di lavoro, ma solo l’indennità risarcitoria prevista dall’art. 18 Stat. Lav., comma 5, dal momento che la stessa Corte di merito aveva considerato queste mancanze come vizio del procedimento e non aveva svolto valutazioni sulla validità dei criteri di scelta applicati.

La Suprema Corte ha quindi operato una distinzione tra “vizio formale” del procedimento e “vizio sostanziale” consistente nella violazione dei criteri di scelta al fine di individuare le tutele previste dall’art. 5, comma 3, della legge n. 223/1991, secondo cui nel caso di violazione delle procedure di cui all’art. 4, comma 12, della legge n. 223/1991, si applica la tutela “indennitaria” stabilita dall’art. 18 Stat. Lav., comma 5, essendo invece applicabile la tutela “reale” solo nel caso di violazione dei criteri di scelta.