LEGALE – Demansionamento e reazione spropositata del dipendente

LEGALE – Demansionamento e reazione spropositata del dipendente

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La reazione del dipendente al proprio demansionamento in azienda “deve essere proporzionata”. Così ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza 16 gennaio 2018, n. 836, che ha accolto il ricorso dell’azienda contro l’illegittimità del licenziamento decisa dalla Corte d’Appello.

 

I fatti, un lavoratore adibito a mansioni inferiori da parte del datore di lavoro, aveva aspettato il decorso di oltre due mesi, e aveva poi richiesto la riassegnazione delle mansioni precedentemente svolte e non si era presentato al lavoro senza dare alcuna spiegazione per 4 giorni. Di conseguenza l’azienda aveva licenziato il lavoratore per assenza ingiustificata dal posto di lavoro protratta oltre i quattro giorni consecutivi.

 

La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza del giudice di primo grado, aveva confermato l’illegittimità del licenziamento per assenza ingiustificata con conseguente condanna della società alla reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970.

 

La Società era quindi ricorsa in Cassazione, indicando come motivo l’errata applicazione degli artt. 1460, 2103, 2119 c.c., dal momento che la Corte di Appello aveva ritenuto l’assenza del dipendente dal lavoro motivata dalla dequalificazione, ragione che comunque non giustifica la condotta inadempiente del lavoratore.

 

Ad avviso della Corte di Cassazione, l’assegnazione a mansioni non rispondenti alla qualifica rivestita non autorizza il lavoratore a rifiutarsi, senza un eventuale avallo giudiziario, di eseguire la prestazione lavorativa richiestagli. Il dipendente è infatti tenuto a osservare le disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartito dall’imprenditore, ex artt. 2086 e 2104 c.c., da applicarsi alla stregua del principio sancito dall’art. 41 Cost.  Può invece invocare l’art. 1470 c.c. legittimamente e rendersi quindi inadempiente, solo in caso di inadempimento dell’altra parte. La Corte di Cassazione ha quindi accolto il ricorso della società contro il dipendente.